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Niente elemosina, voglio un lavoro

Dopo aver visto Flavio Caroli a Che Tempo che fa passare in rassegna quattro fotografi (per mia ignoranza non conosciuti) che hanno rappresentato la realtà, mi trovo ad essere colpita da una fotografia che trovo molto attuale anche oggi. A maggior ragione nella giornata odierna, festa del lavoro!

La fotografia è  “No Dole, Work wanted” di Dora Maar.  (Doveroso segnalare anche da parte mia la mostra a Palazzo Fortuny a Venezia fino al 14 luglio.)

L’immagine diventa pretesto per far nascere in me alcune considerazioni  partendo anche dall’affermazione di Caroli: “Quella macchinetta che sembra fatta per rubare un’attimo, un’istantanea, comporta un pensiero e una riflessione molto complessi e un amore della realtà nella sua complessità.”

Tale riflessione si lega, in qualche modo alla segnalazione portata in luce da Benedusi (che potete trovare qui) che mette in evidenza il “fotoracconto” presentato sulla Repubblica. La vecchia fotografia sembra ormai morta. Il suo Viva la fotografia fa presagire quella sorta di “successione dinastica” al nuovo modo di fare fotografia sul quale ci dobbiamo interrogare.

Interrogazione che non vale solo sulla professione, sempre più basata sull’improvvisazione e “l’abusivismo” (si veda il “coglioneno” di qualche tempo fa e la riflessione sulla distruzione del sogno di essere fotografi proposta dall’associazione TauVisual),  ma anche sulla necessità sempre più pressante di cultura all’immagine.

Mi lego a quanto sostiene Tomesani Roberto, restando con la speranza che “rimangano abbastanza persone che hanno coscienza della natura del lavoro che stanno facendo, ed abbastanza lettori ed osservatori intelligenti che abbiano coscienza di cosa gli si sta loro parando davanti.”

Ribadisco la necessità sociale di educazione all’immagine per far si che non si perdano le eccellenze e si rischi di omologare tutti coloro che fanno click, non elevandoci a capire come dietro quel gesto, esiste una competenza maggiore che è data dalla testa e dalla trasposizione di ciò che con essa si è capito, trasformando l’idea in immagine.

Cerchiamo di avere coscienza di questo, per non cadere nell’omologazione e perdere, a lungo andare, nella qualità.

“Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza”

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